Dal libro al film: territorio protagonista de “La festa del ritorno”

Data di pubblicazione
20 Maggio 2022

L’emigrazione, il legame con la terra natale, la Calabria, la comunità Arbëresh, i luoghi lontani verso cui si parte. E la natura, che è rifugio, metafora, archetipo, tradizione e narrazione. La festa del ritorno – il libro di Carmine Abate dal quale è tratto l’omonimo film che il regista Lorenzo Adorisio sta girando tra Cirò, Cirò Marina, Carfizzi, Crucoli, Torre Melissa e Verzino – è una sintesi di questi elementi, come lo è l’intera produzione e la poetica dello scrittore: e, in questo volume (Premio Selezione Campiello nel 2004), il tutto si sintetizza in una narrazione dalla grande potenza visiva e che crea un unicum di linguaggio.
L’io narrante, il giovane Marco, trasporta in una storia di emigrazione e di attese, quelle del ritorno del padre Tullio, per il quale si prepara la festa del titolo. Partenze e ritorni, crescita e confronto con il mondo adulto, rapporto padre-figlio: e, in tutto questo, il territorio, vivido, centrale, riferimento preciso, fonte di narrazione. Come il falò attorno al quale la famiglia e gli amici si riuniscono per il ritorno del padre emigrato: quel falò è luogo di sintesi, ma soprattutto di ricordi, di affidamento della memoria. Il libro, dunque, ha già in sé una sua precisa connotazione cinematografica, con un ritmo incalzante e coinvolgente, quasi già un montaggio filmico, e soprattutto un grandissimo e forte legame tra racconto e territorio: quello che il cinema può riproporre, nella narrazione di luoghi fortemente evocativi e metaforici.
Come nel caso del libro di Abate: i luoghi, che sono quelli dell’infanzia dello scrittore, a cui lui stesso torna, sono quelli che saranno protagonisti, non solo sfondo, del film. La natura come parte integrante di un racconto, che nella natura stessa affonda le sue radici, come i protagonisti. Il territorio come linguaggio, in un libro che “crea” – come gli altri dell’autore – una lingua unica, un alternarsi, incrociarsi, soprattutto incontrarsi di parole e di lingue; parole spesso non tradotte, poiché già la loro musicalità, la loro essenza, trasportano il lettore nel significato più profondo del testo e delle esistenze dei protagonisti.
In questo percorso si snoda La festa del ritorno: e in questi luoghi – che non fanno da sfondo, ma sono, appunto, autentici protagonisti e fonte della narrazione e del linguaggio – si snoderà anche il film, seguendo la storia di Marco, tra laghi, mare, boschi, che svelano, accolgono, raccontano.